Cosa pensavano Caponnetto e Vigna sulla separazione delle carriere?

 


Ho avuto la fortuna nella mia vita di potermi confrontare con due magistrati di altri tempi, molto validi Antonino Caponnetto e Pier Luigi Vigna. Amici tra loro. A Caponnetto si deve il maxiprocesso contro cosa nostra e la nascita giuridica del pool oltre che una visione moderna della lotta alla mafia. Quando Caponnetto fu nominato consigliere a Palermo dopo l’attentato alla “libanese” che eliminò Chinnici, Paolo Borsellino telefonò a Vigna per chiedergli chi era il nuovo arrivato e lui rispose “il migliore che vi può capitare”. Il timore a Palermo era che arrivasse un normalizzatore. Un formalista. Non fu così. Arrivo uno bravo.

Vigna lo ricorderò sempre come il “Procuratore Nazionale Antimafia”, colui che ha dato un'anima ad un ruolo.

Entrambi di carattere forte, anzi fortissimo, ma diversi. Caponnetto un duro saggio e serafico. Vigna un toscanaccio in punta di sigaro. 

Caponnetto era contrario alla separazione delle carriere dei magistrati. La sua carriera tra l’altro si era distinta per la varietà delle funzioni coperte. Dal Pretore, al fallimentare, al giudice di sorveglianza. Il Giudice Caponnetto era un tipo molto bravo. Dopo alcuni anni che era scomparso abbiamo scoperto che la sentenza numero uno e la numero due della Corte Costituzionale, nata da poco ed in ritardo, erano state emanate su un suo rinvio su delle norme fasciste sulla libertà di volantinare in violazione dell’art. 21 della costituzione. Era al suo primo incarico. Ebbe ragione e la Corte Costituzionale rilevò la fondatezza del suo rinvio.

Ho frequentato Vigna nel momento successivo alla sua pensione, anche se ci conoscevamo da prima, per pochi anni fino alla morte. Con lui ho costituito l’osservatorio antimafia a Prato e collaborato per la creazione di una normativa antimafia a San Marino. Era un procuratore molto preparato da un punto di vista tecnico. In entrambi i casi ho dei ricordi molto belli. Mi spiegò pure in modo simbolico e prendendomi in giro come procedeva agli interrogatori in cui girava voce era bravissimo. Vigna era un personaggio da film. Un personaggio che sarebbe piaciuto molto a Comencini.

Vigna era un sostenitore del modello accusatorio del nuovo codice di procedura penale. Per questo considerava la separazione delle carriere un elemento di tale modello. L’ipotesi quindi del procuratore “fazioso” inteso come rappresentante di una “fazione” ossia l’accusa, gli andava bene. Caponnetto la pensava in modo opposto sul punto, proprio perché non gli piaceva il fatto che la separazione delle carriere portava alla cosiddetta “faziosità”. Per lui bastava semmai una divisione netta delle funzioni. Poi se un procuratore sbagliava, era per mandarlo alla magistratura giudicante per potersi rendere conto della mentalità diversa. Per lui il magistrato doveva essere completo ed in grado di trattare tutto a 360 gradi. 

Non so se i due magistrati amici abbiano mai discusso tra loro della questione. Io ho avuta la fortuna di trattarla, la questione della separazione con loro due, ma in momenti diversi ed a distanza di anni. 

Avevano quindi una posizione opposta che si basava sullo stesso concetto della “faziosità”.

Altri tempi ed alto livello qualitativo della discussione tra due “giganti” amici, con posizioni diverse, ma che non litigavano. Entrambi magistrati che hanno raggiunto ottimi risultati nel contrasto alla mafia. Due persone che oggi mi mancano e che mancano al nostro paese.

Personalmente propendo di più per le perplessità del Giudice Caponnetto, ma ho il rispetto massimo della posizione del Procuratore Vigna.


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