Sin dalla nascita dello Stato Italiano nel 1861 il modo di relazionarsi con le forme mafiose è stato ambiguo.
Relazione ambigua di
convivenza, purtroppo perseguita pure dagli USA, sul finire della 2a
guerra mondiale, con lo sbarco alleato.
Ambiguità
interrotta in modo netto nel 1983 con Caponnetto e il pool e con le tristi vicende
di guerra del periodo 80-90.
Fino a pochi anni fa
aiutati dalla caduta del muro di Berlino, che ha prodotto un
mutamento geopolitico importante il quale: da un lato ha fatto superare
l'accordo di Yalta permettendo quindi di non considerare prioritaria
la lotta al comunismo a dispetto di quella alla mafia e dall'altro ha
fatto andare ad est i mafiosi italiani, era pacifico e considerato normale, in Italia, che con la mafia non si doveva convivere e nemmeno trattare
almeno da un punto di vista etico, anche se da un punto di vista storico-giuridico fino a
metà anni 90 si era in qualche modo trattato.
Le interdittive antimafia, il 41bis, il 416bis, lo scioglimento dei comuni e tante altre disposizioni nascono dall'emergenza ma comunque nascono, al
punto che l'Italia nonostante una legislazione contorta è
attualmente dotata di una delle più complete normative in materia.
Ebbene oggi dopo questo periodo d'oro durato un ventennio o poco più di assoluto contrasto fatto alle mafie, si assiste ad un ritorno di una sorta di ”sempiterna voglia di convivere e di trattare con la mafia”.
Ci sono dei
campanelli di allarme da non sottovalutare che ce lo dimostrano:
1- mettere ai
margini della vita sociale i politici, i giornalisti, gli sbirri ed i
magistrati antimafia... quasi scocciano.
2- dare spazio ai
parenti dei mafiosi sui media alle loro posizioni come se ci si
trovasse di fronte ad una par condicio tra mafiosi ed antimafiosi.
3-il crescente
buonismo a 360 gradi che tocca il mondo delle carceri senza
distinguere tra mafiosi, la cui forma di recupero è la collaborazione
ed i non mafiosi a cui spettano altri benefici.
4- il pensare che la
mafia moderna non faccia più attentati.
E' quindi in atto da
parte delle mafie, in primis cosa nostra, la loro controriforma per
ritornare in modo strisciante a favorire la convivenza stato mafia
con il primo che si accontenta di contenere piuttosto che fare altro
e la seconda che mirerà ad aumentare i profitti, come avviene
all'estero. Una sorta di neo trattativismo utile in periodo
elettorale visto che, tranne pochissime eccezioni, non esistono
attualmente parlamentari provenienti dal mondo antimafia.
Ma oggi come
possiamo riconoscere i pro-mafia?
Pro-mafia 2.0 in
alcuni casi consapevoli di esserlo ed in altri no e quindi in buona
fede?
Semplice.
Si riconoscono dalle
posizioni che portano.
Chi vuole eliminare le interdittive antimafia... Chi non vuole sciogliere i comuni infiltrati... Chi vuole abolire il
41bis... Chi non vuole il doppio binario in carcere tra mafiosi e non
mafiosi... Chi parifica la mafia a chi la lotta... Chi parifica le
vittime di mafia a quelle dell'antimafia... Chi vuole abolire
l'ergastolo per i mafiosi... Chi vuole toccare le misure di
prevenzione per i mafiosi... Chi querela in modo temerario i giovani
giornalisti investigativi... Chi dice che la mafia non uccide... Chi nega la forza della mafia... Chi dice che la mafia ci protegge dal terrorismo... Chi parifica le imprese mafiose a quelle etiche...
Ripeto: tutti coloro sono i
pro-mafia 2.0 alcuni in buona fede altri no.
I pro-mafia 2.0 in mala fede sono
i nuovi conviventi 2.0 e probabilmente stanno trattando 2.0.
Un nuovo papello
virtuale 2.0 è pronto? Oppure basta attuare il vecchio?
Qualcuno indaghi.
Qualcuno indaghi.
I pro-mafia 2.0 non
l'avranno vinta, ma la loro pericolosità non va sottovalutata.
Stronchiamo quindi:
LA SEMPITERNA VOGLIA DI CONVIVERE E
DI TRATTARE CON LA MAFIA
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