Parliamo di economia ideologica. Sin dalla mia adolescenza mi sono appassionato di politica ed economia. Facendo parte della classe 1966 ho vissuto fino ai 23 anni di età nel mondo diviso in due da Yalta. Capitalisti contro comunisti e viceversa. Il mio personale pensiero è sempre stato quello socialista liberale, ossia i principi liberali dello stato democratico uniti a dei principi regolatori del mercato in chiave sociale. Fino a che c'era il muro, nella parte occidentale, tali principi reggevano. Nel frattempo la mia formazione culturale si rifaceva al personalismo. La persona come base dell'azione sociale. Ossia l'avversità per i totalitarismi da un lato e per gli individualismi dall'altro. Caduto il muro, senza più dover apparire belli al mondo intero, nell'occidente scoppia una sorta di credo, una forma di religione: il libero mercato che si autoregola. Ebbene il liberismo, così si chiama, a distanza di vent'anni ha fallito. Tale forma economica ha privatizzato il tutto ad est come ad ovest riducendo il ruolo dello stato solo al vantaggio del mercato. Nelle privatizzazioni hanno finito per crederci più o meno tutti in Italia, dal riformismo di Prodi quale Presidente Europeo ai conservatori. Hanno fallito. La crisi del 2008 è nata dalle speculazioni di un sistema arrogante in cui i top manager liberisti hanno fatto di tutto, ma non si sono tagliati i loro bonus trafficando anche in titoli tossici ed in mutui subprime. Tanto il mercato si autoregola, pensavano lor signori. Per non parlare delle agenzie di rating fuori controllo che decidono il bello ed il cattivo tempo dell'affidabilità degli stati, ma la cui proprietà non è chiara a sufficienza. La crisi arriva anche in Europa. E come reagisce il vecchio continente? Con il rigore. Ora che un pizzico di rigore nei conti ci sia, male non fa ma il troppo stroppia. Sapete da dove nasce il mito del 3% del debito pubblico sul pil di un paese? Dal caso. Durante una riunione riguardante altro, è stata tirata fuori tale percentuale perchè suonava bene. Lacrime e sangue per un indice a caso. Mah. Per superare la crisi in Italia hanno scelto rigore e tasse. Poi la crescita verrà. Il rigore è rimasto. La crescita non si vede. Come si fa a crescere se il reddito delle famiglie tracolla? Occorre fermarsi e riflettere a lungo ma bisogna cambiare visione abbandonando il liberismo. Liberismo che in Europa è una vera piaga e che in Bulgaria e Romania ha portato a delle rivolte sociali causate anche dall'aumento delle bollette energetiche a seguito delle privatizzazioni delle compagnie di stato. Come uscire quindi da questa situazione? Con un'Europa forte che scelga la crescita a scapito del rigore. Con una Italia che faccia alcune cose tra cui il raffreddamento delle bollette, la nazionalizzazione di una banca aiutata con i fondi per la riapertura del credito a favore delle imprese, una politica seria di defiscalizzazioni con degli incentivi agli acquisti nel settore auto e tecnologia, il taglio degli sprechi, il taglio dei mega stipendi, il rendere pubblici i servizi dove le privatizzazioni hanno comportato solo aumenti, ossia in pratica un attenta politica che aiuti la crescita, produca reddito, lotti contro la corruzione e che distingua i morosi dagli evasori. Con una sana politica personalista l'Italia e l'Europa ce la possono fare.
Parliamo di economia ideologica. Sin dalla mia adolescenza mi sono appassionato di politica ed economia. Facendo parte della classe 1966 ho vissuto fino ai 23 anni di età nel mondo diviso in due da Yalta. Capitalisti contro comunisti e viceversa. Il mio personale pensiero è sempre stato quello socialista liberale, ossia i principi liberali dello stato democratico uniti a dei principi regolatori del mercato in chiave sociale. Fino a che c'era il muro, nella parte occidentale, tali principi reggevano. Nel frattempo la mia formazione culturale si rifaceva al personalismo. La persona come base dell'azione sociale. Ossia l'avversità per i totalitarismi da un lato e per gli individualismi dall'altro. Caduto il muro, senza più dover apparire belli al mondo intero, nell'occidente scoppia una sorta di credo, una forma di religione: il libero mercato che si autoregola. Ebbene il liberismo, così si chiama, a distanza di vent'anni ha fallito. Tale forma economica ha privatizzato il tutto ad est come ad ovest riducendo il ruolo dello stato solo al vantaggio del mercato. Nelle privatizzazioni hanno finito per crederci più o meno tutti in Italia, dal riformismo di Prodi quale Presidente Europeo ai conservatori. Hanno fallito. La crisi del 2008 è nata dalle speculazioni di un sistema arrogante in cui i top manager liberisti hanno fatto di tutto, ma non si sono tagliati i loro bonus trafficando anche in titoli tossici ed in mutui subprime. Tanto il mercato si autoregola, pensavano lor signori. Per non parlare delle agenzie di rating fuori controllo che decidono il bello ed il cattivo tempo dell'affidabilità degli stati, ma la cui proprietà non è chiara a sufficienza. La crisi arriva anche in Europa. E come reagisce il vecchio continente? Con il rigore. Ora che un pizzico di rigore nei conti ci sia, male non fa ma il troppo stroppia. Sapete da dove nasce il mito del 3% del debito pubblico sul pil di un paese? Dal caso. Durante una riunione riguardante altro, è stata tirata fuori tale percentuale perchè suonava bene. Lacrime e sangue per un indice a caso. Mah. Per superare la crisi in Italia hanno scelto rigore e tasse. Poi la crescita verrà. Il rigore è rimasto. La crescita non si vede. Come si fa a crescere se il reddito delle famiglie tracolla? Occorre fermarsi e riflettere a lungo ma bisogna cambiare visione abbandonando il liberismo. Liberismo che in Europa è una vera piaga e che in Bulgaria e Romania ha portato a delle rivolte sociali causate anche dall'aumento delle bollette energetiche a seguito delle privatizzazioni delle compagnie di stato. Come uscire quindi da questa situazione? Con un'Europa forte che scelga la crescita a scapito del rigore. Con una Italia che faccia alcune cose tra cui il raffreddamento delle bollette, la nazionalizzazione di una banca aiutata con i fondi per la riapertura del credito a favore delle imprese, una politica seria di defiscalizzazioni con degli incentivi agli acquisti nel settore auto e tecnologia, il taglio degli sprechi, il taglio dei mega stipendi, il rendere pubblici i servizi dove le privatizzazioni hanno comportato solo aumenti, ossia in pratica un attenta politica che aiuti la crescita, produca reddito, lotti contro la corruzione e che distingua i morosi dagli evasori. Con una sana politica personalista l'Italia e l'Europa ce la possono fare.
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